Il Borgo

Il Borgo

E' sorto sui resti di "Vicus", antico insediamento preromano e deve il suo nome ai monaci benedettini, che vollero così ricordare i sette figli di Santa Felicita uccisi a Roma durante le persecuzioni contro i Cristiani, nel 164 d.C.

Paese di origini altomedievale in provincia di Frosinone, sorge a 784 metri a.l.m. su uno sperone del monte Cavallo, nel versante orientale della Val di Comino. In epoca romana, al confine tra il territorio di Settefrati e quello di Gallinaro, sorgeva un piccolo nucleo detto -vicus-, il cui nome è rimasto a designare l’agglomerato di case esistenti nei pressi del bivio della provinciale per Settefrati sulla strada S. Donato-Atina. Un                     «castellum Septem Fratum» è ricordato per la prima volta nel 991. Ancora nel 1012 la chiesa di S. Paolo, «in pertinentia castelli Septem Fratum» fu donata al Monastero di Montecassino. Il nome pare che derivi da sette fratelli martiri figli di S. Felicita, morti nel 164 d.C. durante una persecuzione. Il piccolo centro faceva parte del contado di Atina, di cui segui tutte le vicende fino all’annessione alla contea di Alvito nel 1349. In questi secoli venne costruita la chiesa di S. Stefano, che era nata come cappella del piccolo castello posto sula sommità del colle, da cui partiva la cinta muraria. Il primo nucleo si sviluppò dalla torre maggiore del castello verso la valle, lungo l’attuale via Fossaceca. Successivamente vi furono ampliamenti nella cinta muraria, che giunse ad avere tre porte. Pignatara, S. Domenico e Ponte. Fuori le mura si trovavano i due borghi di S. Pietro e Macinara, detti « vichi » perché le case vi si disponevano ai due lati della strada. Erano separati dal castrum da un fossato, e collegati dal ponte nel punto in cui la collina si unisce alla montagna con una sela. Nel 1632 il paese aveva quattro parrocchie: S. Stefano, Santi Sette Fratelli, S. Nicola da Bari, S. Maria della Tribuna e una chiesa molto antica fuori le mura: Santa Maria delle Grazie. In quell’epoca Settefrati non aveva mulini propri. Che fa presumere che i duchi di Alvito gli attribuissero minore importanza rispetto ai centri limitrofi di S. Donato e Picinisco. Nel corso del XVII e XVIII secolo9 conobbe un discreto sviluppo urbano: si costruirono palazzi signorili entro e fuori le mura, si restaurarono e ampliarono le antiche chiese, infine si edificarono case e palazzi lungo l’attuale via Michele Zezima, prolungamento, lungo la china del colle, della via Fossaceca. Dopo un periodo di stasi durato dall’inizio alla metà del XIX secolo, vi è stata una nuova fase di espansione, con la costruzione di altri palazzi fuori le mura, la sistemazione del fossato che separava il castrum dai due borghi, l’edificazione del palazzo comunale, del lavatoio pubblico e della fontana di ferro battuto nella piazza Municipio, con una ricerca di decoro urbano che si è tradotto in coerenza di impianti architettonici e in omogeneità di motivi decorativi.